Intervista a Matteo De Luca

Classe 1985, Matteo De Luca è da oltre dieci anni primo trombone solista della prestigiosa Orchestra OSR (Orchestre de la Suisse Romande) a Ginevra, in Svizzera. Primo trombone solista significa che le parti più impegnative del repertorio classico del trombone, quelle dove è richiesta la massima tecnica e musicalità, vengono affidate a lui. Niente male per un giovane Sedrianese che a 11 anni iniziava a soffiare in un vecchio trombone a pistoni nella nostra scuola di musica…!

Abbiamo avuto il piacere di fare due chiacchiere con Matteo, che ci ha raccontato nel dettaglio la sua esperienza: una intervista interessantissima, per chi suona e per chi è un semplice appassionato di musica.

[CMS] Ciao Matteo, grazie per il tempo che ci dedichi. Partiamo dall’inizio: raccontaci come hai iniziato a suonare…

[MDL] Da quel che ricordo, mi sono iscritto al Corpo Musicale Sedrianese in prima media, quindi avevo 10 o 11 anni, trascinato da alcuni amici che già ne facevano parte. Ai tempi ovviamente non avevo alcuna idea di cosa suonare, pensavo alla batteria. Ricordo però che mi diedero questo trombone a pistoni: mi piaceva perché era tutto luccicante, o almeno me lo ricordo così.

[CMS] In effetti la cosa che più entusiasma i bambini quando ricevono uno strumento musicale è il loro aspetto: il giallo oro degli ottoni (trombe, tromboni, corni), le chiavi argentate sul nero dell’ebano per i clarinetti… Curioso che prima della parte sonora ci sia quella visiva!

[MDL] Esatto… Ma mi piaceva anche il suono del trombone, quando lo suonavano gli altri bandisti più esperti, o quando lo suonava Paolo [NdCMS: Paolo Mella, trombonista, nostro attuale Maestro e a quel tempo insegnante di ottoni nella nostra scuola di musica]. Più di tutto però mi piaceva la banda per la compagnia e gli amici.

[CMS] In quegli anni si erano iscritti parecchi ragazzi e ragazze più o meno della tua età… eravate davvero un bel gruppo…

[MDL] Infatti! Mi divertivo molto, e sono stato fortunato anche dal punto di vista della formazione musicale: Annamaria [NdCMS: Annamaria Barbaglia, in quegli anni insegnante di teoria e solfeggio nella nostra scuola] mi fece studiare da subito il solfeggio anche in chiave di basso, cosa che mi ha facilitato molto successivamente, e inoltre in quel periodo Paolo Mella si era da poco diplomato al conservatorio e proprio in trombone, quindi mi diede da subito un’impostazione molto buona. Tutto sommato, le cose mi riuscivano abbastanza semplici e, soprattutto, suonare mi piaceva, e tanto anche! Erano i primi anni 2000, gli anni di Napster e dei primi programmi di file sharing: ricordo che cercavo e scaricavo un sacco di musica (in formato MP3) suonata da grandi solisti di trombone, molti dei quali quasi sconosciuti in Italia, almeno per me. Mettevo tutti questi brani su CD e ci suonavo sopra, cercando nei limiti del possibile di imitare il loro suono e la loro abilità.

Un giovane Matteo De Luca (qui con l’eufonio) impegnato a suonare con Giovanni, un altro bandista.

[CMS] Ti piaceva talmente tanto suonare che hai proseguito poi con altri studi, iscrivendoti al Conservatorio.

[MDL] Sì, decisi di iscrivermi al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, più o meno verso i 13-14 anni e parallelamente al liceo scientifico. Ricordo che, nei pomeriggi di lezione al Conservatorio, tornavo in pullman da Magenta a Sedriano e subito prendevo un altro pullman per Milano. Mio nonno mi aspettava alla fermata per darmi il trombone e un panino da mangiare al volo…

[CMS] Quando e come hai capito che volevi fare il musicista?

[MDL] Non è stata una decisione semplice. Durante gli ultimi anni del conservatorio suonavo già in contesti professionali, ad esempio nell’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, ma avevo molti dubbi: nell’ambiente vedevo musicisti molto bravi e più grandi di me che purtroppo non avevano una stabilità economica. La musica mi piaceva tantissimo, certo… Però la precarietà mi spaventava un po’… Mi ero anche iscritto all’università: facevo informatica e più o meno per un paio di anni cercai di portare avanti entrambe le cose, anche se non era semplice. Sono stati anni in cui volevo fare più esperienza possibile: dopo gli studi al Conservatorio di Milano ho studiato per un paio di anni anche al Conservatorio Cantelli di Novara con il Maestro Corrado Colliard. Ho provato poi diversi concorsi solistici, che devo dire sono andati anche bene, ad esempio il concorso solistico internazionale di Chieri e poi quello di Riddes, in Svizzera.

[CMS] Era il periodo in cui passavi ore e ore nella nostra sede a suonare il più possibile…

[MDL] Esatto… Preparavo programmi da concorso e cercavo di migliorarmi sempre di più. Dovevo capire se la musica poteva essere qualcosa di più di un hobby e se poteva diventare il mio lavoro.

[CMS] E quando invece hai capito che avevi effettivamente le possibilità e le capacità per fare il musicista ad alto livello?

[MDL] Forse quando passai le selezioni per l’orchestra UBS del Festival di Verbier, nel 2007. Si trattava a quei tempi di una formazione di alto livello, un’orchestra giovanile che si esibiva principalmente durante il festival di musica classica di Verbier, in Svizzera, ma anche in diverse tournée internazionali. Mi sono ritrovato con musicisti provenienti da tutto il mondo, molti di loro avevano la mia età o pochi anni in più e lavoravano già come professionisti in diverse orchestre. Mi sono reso conto che, tecnicamente, ero per lo meno al loro livello… quindi perché no? In più, avevo vinto anche quei concorsi solistici prestigiosi, insomma… Fu più o meno allora che decisi di dedicarmi al 100% alla musica. Non è stato facile, ma guardandomi indietro devo dire che tutto si è susseguito in maniera quasi automatica… però io ci ho messo davvero tanto impegno e studio.

Matteo De Luca con la Civica Orchestra di Fiati di Milano, diretta dal Maestro Luca Pasqua, nel 2018.

[CMS] Ci sembra di capire che questi concorsi internazionali siano quindi un passaggio quasi obbligato per chi vuole affermarsi come musicista… Ecco, raccontaci un po’ di questa esperienza… Come la definiresti?

[MDL] Direi atroce! [Risate] Nella mia esperienza, più o meno il 50% di quelli che trovi a un concorso sono lì solo per fare un po’ di turismo, cioè vogliono provare l’esperienza ma senza essersi preparati granché… Poi c’è un 40% di gente che invece si è preparata anche molto bene… e alla fine c’è un 10% determinato a vincere. Io ho sempre cercato di far parte di questo 10% e non è facile: puoi aver studiato anche tantissimo, ma senza la giusta determinazione e la corretta attitudine mentale non è detto che riuscirai a farcela.

[CMS] Sembra di descrivere una competizione sportiva di alto livello, che ne so… una finale di Champions League, o un mondiale di calcio: spesso vince la squadra più motivata, che non è necessariamente quella più ricca di campioni… Vince la squadra che ci crede di più e dà qualcosa in più del massimo…

[MDL] L’esempio è molto calzante… negli sport ci sono molti casi che descrivono come l’atteggiamento mentale faccia la differenza. C’è un libro molto bello (che ho letto avidamente) intitolato “The Inner Game Of Tennis” di Timothy Gallwey [NdCMS: edizione italiana “Il gioco interiore del tennis”, Ultra Edizioni, 2013]. Parla dell’approccio mentale nelle competizioni sportive di alto livello. A volte la partita più difficile non è tanto quella contro l’avversario, ma quella con se stessi, quella che avviene all’interno di noi e che ci porta ridurre il nostro potenziale con la paura di non farcela, con l’autocritica. Ansia, insicurezza, cali di concentrazione: sono tutte cose che riducono la resa della nostra performance, sia essa una partita di tennis, un esame universitario o un impegnativo concerto da solista di fronte a una giuria…

Per farti un altro esempio, Marcell Jacobs (il campione di atletica che ha vinto l’oro durante le olimpiadi di Tokyo nel 2021) ha raccontato in diverse interviste che la sera prima della finale dei 100 metri voleva mollare tutto: non si sentiva in grado di correrla, forse per un problema di crampi… o forse per paura? Fu necessario un colloquio telefonico con la sua mental coach, cioè con la persona che lo preparava non dal punto di vista fisico, ma da quello mentale. Può far sorridere sentir parlare di “mental coach”, sembra una cosa un po’ fumosa e strampalata… ma in realtà la concentrazione, la determinazione, la sicurezza di sé sono fondamentali… e sono cose che non si creano per magia dall’oggi al domani.

[CMS] Torniamo alla tua storia… L’esperienza con Orchestra UBS del Festival di Verbier è del 2007-2009, poi cosa è successo?

[MDL] In quegli anni fui ammesso al Master da Solista presso la Haute École De Musique di Ginevra, con il Maestro Andrea Bandini, che devo dire mi ha dato tantissimo per la mia carriera, inclusi tanti consigli preziosi per il mio approccio personale all’ambiente della musica. Contemporaneamente, l’orchestra UBS non passava un bel periodo perché la società bancaria (UBS appunto) che ne era lo sponsor e finanziatore principale decise di ridurre i fondi… Partecipai allora con esito positivo ai concorsi di primo trombone per la Royal Philarmonic Orchestra di Londra e per l’Orchestra de l’Opéra North di Leeds (entrambe nel Regno Unito), con cui lavorai per un po’, vinsi anche il concorso per l’Orchestra di Santiago del Cile (ma preferii restare in Europa per frequentare il Master a Ginevra), fino ad arrivare all’Orchestra de la Suisse Romande nel 2010, dove trovai finalmente una certa stabilità. Parallelamente ho diverse altre collaborazioni, ad esempio ho lavorato con l’orchestra sinfonica di Los Angeles nel 2016, e con altre formazioni.

[CMS] E poi l’attività di masterclass che tieni in giro per il mondo… e ogni tanto qualche concerto con la realtà bandistica, ad esempio con la banda giovanile provinciale Anbima Milano, nel 2019, o con la Civica Orchestra di Fiati, sempre a Milano…

[MDL] Esatto…! Esperienze divertentissime!

[CMS] Tu che ne fai parte, come vedi oggi il mondo della musica classica sia dal punto di vista del pubblico (ci sarà ancora in futuro?) che degli esecutori (ci saranno opportunità di lavoro per chi vuole fare il musicista?)

[MDL] Dal punto di vista lavorativo, cioè delle opportunità per chi vuole fare il musicista, mi sento di dire che sì, è vero che molte orchestre hanno chiuso i battenti… però c’è ancora spazio e ci sono ancora opportunità… anche se devo sottolineare che queste sono sempre di più riservate a chi è un musicista di eccellenza. Le persone che suonano con me in orchestra sono tra i migliori musicisti che io conosca, però si danno da fare per restare a quei livelli. Tutti hanno una loro routine di studio quotidiana che rispettano scrupolosamente, proprio per restare sempre ad alto livello. Se fai parte dell’eccellenza non hai problemi di lavoro, ma per essere e rimanere nell’eccellenza serve tanta umiltà, l’umiltà di studiare tutti i giorni anche se suoni già ad altissimo livello.

Dal punto di vista del pubblico, sono comunque ottimista. Almeno qui in Svizzera dove vivo e lavoro, il pubblico (anche giovane) c’è. Le orchestre hanno investito molto sulle nuove generazioni con concerti per famiglie, per le scuole, con programmi ibridi che coinvolgono anche delle pop star, con concerti per giovanissimi (abbiamo dei programmi pensati per un pubblico a partire dai 4 anni di età!)… Insomma, si è fatto tanto e tanto si farà ancora.

[CMS] Grazie Matteo per questa bella chiacchierata… e un grosso in bocca al lupo per la tua carriera!

Per alcune foto di questo articolo il copyright è by www.concertodautunno.it

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